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Terni, si è tolto la vita l’uomo fermato dopo per aver ucciso la moglie

Written by on 01/04/2023

Terni, si è tolto la vita l’uomo fermato dopo per aver ucciso la moglie

Nella notte tra giovedì e venerdì era stato sottoposto a fermo dalla polizia con l'accusa di omicidio volontario

01/04/2023

L'ingresso del carcere di Terni

L'ingresso del carcere di Terni

Si è tolto la vita nel carcere di Terni l’uomo di 62 anni fermato per avere ucciso la moglie cinquantaseienne giovedì in un’abitazione della stessa città colpendola con più coltellate al termine di una lite. Lo ha appreso l’Ansa da fonti sindacali e investigative. L’uomo si sarebbe impiccato. Nella notte tra giovedì e venerdì era stato sottoposto a fermo dalla polizia con l’accusa di omicidio volontario. Era stato bloccato subito dopo il delitto nella stessa abitazione dove viveva la coppia di origini albanesi.

Le parole del Garante

  “Il secondo suicidio dall’inizio dell’anno al carcere di Terni deve essere motivo di riflessione e non di facili conclusioni”: a dirlo è l’avvocato Giuseppe Caforio, Garante per la Regione Umbria delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale. Parlando con l’Ansa dopo la morte dell’uomo fermato per l’omicidio della moglie evidenzia soprattutto il problema del sovraffollamento e della carenza degli organici. “Le carceri umbre e segnatamente quello di Terni – sottolinea Caforio – stanno vivendo un momento delicato dovuto almeno a tre fattori concomitanti: ci sono circa 550 detenuti a fronte di una capienza prevista per 450, di cui 150 con problematiche psichiatriche serie con molti di loro incompatibili con la carcerazione; gravi carenze di organico nella polizia penitenziaria con Terni che ha il rapporto più deficitario tra numero di detenuti e agenti penitenziari; carenze sanitarie specie di psicologi e psichiatrici”. Per il Garante “il suicidio di un detenuto è una sconfitta del sistema e getta scompiglio psicologico fra i detenuti e fra gli agenti penitenziari alterando i delicati equilibri dell’intera comunità carceraria”. “Encomiabile in questo contesto – prosegue – è il lavoro della polizia penitenziaria che con abnegazione e umanità spesso si sostituisce al personale sanitario. Per arginare l’attuale contesto occorre una task force di psicologi e psichiatri che possa essere di supporto in una sorta di burn out ai detenuti e agli agenti penitenziari fortemente provati da eventi come quelli dei suicidi e dell’auto lesionismo”. 

L’intervento del sindacato

Il sindacato autonomo di polizia penitenziaria Sappe interviene sul suicidio del detenuto di 62 anni Xhafer Uruci avvenuto nel carcere di Terni. “Purtroppo – afferma il segretario per l’Umbria, Fabrizio Bonino – il pur tempestivo intervento dell’agente di servizio non è servito a salvare l’uomo, che è stato trovato impiccato alle sbarre della cella. Abbiamo sempre detto che la morte di un detenuto è sempre una sconfitta per lo Stato”. Per Donato Capece, segretario generale del Sappe, “la via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi è quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere”. “Il suicidio di un detenuto, e dall’inizio dell’anno sono stati già 12 – afferma -, più un poliziotto che si è tolto la vita pochi giorni fa, rappresenta un forte stress per il personale di polizia e per gli altri detenuti e sconforta che le autorità politiche, penitenziarie ministeriali e regionali, pur in presenza di inquietanti eventi critici, non assumano adeguati ed urgenti provvedimenti”. 

Le parole dell’avvocato dell’uomo

“Mi chiedo, come mai questa persona non era tenuta sotto stretta sorveglianza h24, a meno di due giorni dal grave fatto di sangue””: a dirlo è l’avvocato Giorgio Cerquetti, difensore d’ufficio del sessantaduenne che si è suicidato in carcere dopo il fermo con l’accusa di avere ucciso la moglie. Un provvedimento per il quale non è stata ancora fissata l’udienza per esaminare la richiesta di convalida da parte della Procura. Nell’interrogatorio davanti agli inquirenti l’uomo, bloccato in casa subito dopo il delitto, aveva chiesto scusa ed era apparso molto confuso. “Questa mattina – ha detto ancora l’avvocato Cerquetti – sono andato nel carcere di Terni per avere un colloquio con il mio assistito in vista dell’udienza di convalida che doveva essere ancora fissata. Lì ho incontrato il pubblico ministero che mi ha informato dell’accaduto. Nessuno mi aveva avvertito prima, sul posto c’era già personale della Usl, la polizia penitenziaria e quella di Stato”. “La sua condizione mentale – prosegue il legale parlando dell’uomo fermato – era assolutamente precaria, come era parso evidente a me, ma anche all’autorità giudiziaria, quando giovedì sera era stato sentito in questura. Ho avuto subito la percezione di una persona disturbata, sconvolta, mi è bastato parlarci qualche minuto. Impressione confermata anche nel successivo interrogatorio da parte del pm. Dai resoconti giornalistici ho appreso dei suoi problemi di salute, del fatto che assumesse farmaci, e queste condizioni problematiche, fisiche ma pure mentali, mi sono sembrate palesi. Anche per questo non lavorava più da anni. Mi chiedo se ci sia stata la doverosa attenzione, in carcere, verso una persona così provata e a poche ore dall’omicidio”.


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