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Pietrafitta, riaperto ufficialmente il Museo paleontologico

Written by on 16/06/2023

Pietrafitta, riaperto ufficialmente il Museo paleontologico

Intitolato alla memoria di Luigi Boldrini, presenta una delle collezioni tra le più importanti in Europa di animali vertebrati del Pleistocene Inferiore. Nuova gestione affidata alla Direzione regionale musei dell’Umbria

16/06/2023

museo paleontologico pietrafitta

L'interno del Museo paleontologico di Pietrafitta, intitolato alla memoria di Luigi Boldrini

Il Museo paleontologico di Pietrafitta, che, con la sua collezione, figura tra le più importanti in Europa di animali vertebrati del Pleistocene Inferiore, ha riaperto ufficialmente i battenti. Un percorso espositivo, intitolato alla memoria di Luigi Boldrini, l’ex dipendente Enel che con grande passione e competenza negli anni  aveva raccolto e conservato i fossili da cui ha preso vita il Museo.

La nuova gestione è affidata alla Direzione regionale musei dell’Umbria, che apre importanti prospettive di sviluppo e ricerca per il polo di Pietrafitta, adesso parte integrante della rete regionale museale.

Alla cerimonia inaugurale, svoltasi nel pomeriggio di giovedì 15 giugno nella rinnovata struttura che sorge dirimpetto alla Centrale Enel e all’ex area mineraria da cui provengono i fossili, sono intervenuti Marco Pierini, direttore della Direzione regionale musei Umbria; Tiziana Caponi, direttore del Museo paleontologico Luigi Boldrini; Marco Cherin, professore associato di Paleontologia e Paleoecologia all’Università degli Studi di Perugia; Roberto Ferricelli, sindaco di Piegaro; Giulio Cherubini, sindaco di Panicale; Paolo Tartaglia, responsabile dei siti produttivi Enel di Pietrafitta e Santa Barbara; la famiglia e le figlie di Luigi Boldrini.

Un sito riconosciuto a livello internazionale

Il sito paleontologico di Pietrafitta, nel Comune di Piegaro, è senz’altro uno dei più significativi a livello regionale, sia per l’abbondanza dei fossili rinvenuti sia per il loro valore scientifico, riconosciuto a livello internazionale. Le ligniti di Pietrafitta sono parte della successione sedimentaria del Bacino di Tavernelle-Pietrafitta, che si sviluppa in direzione est-ovest per dodici chilometri con un’ampiezza massima di cinque e che registra la presenza prima di un grande lago, poi di un sistema fluviale nel corso del Pleistocene.

Gli scavi della lignite destinata ad alimentare la centrale termoelettrica Città di Roma, creata nel 1959 sotto la gestione di Acea e dal 1963 proprietà di Enel, hanno portato alla luce migliaia di resti fossili di piante (trentasei specie identificate mediante frutti e semi, undici specie mediante pollini), molluschi d’acqua dolce (cinque specie), insetti (almeno sei ordini) e soprattutto vertebrati (ben quaranta specie tra pesci dulciacquicoli, anfibi, rettili, uccelli e mammiferi). Sono proprio i vertebrati a rendere unica la fauna di Pietrafitta, considerata dagli scienziati la più ricca d’Italia per l’intervallo di tempo chiamato Unità Faunistica di Farneta (circa 1,5 milioni di anni fa).

Il Museo paleontologico di Pietrafitta

La star della collezione è senz’altro il mammuth, riferito alla specie Mammuthus meridionalis, che trova a Pietrafitta il sito più importante a livello europeo sia in termini di soggetti documentati che di dimensioni degli stessi. Tra i perissodattili, spettacolari sono gli scheletri del rinoceronte Stephanorhinus etruscus, mentre piuttosto rari sono i resti di cavallo (Equus sp.), che evidentemente nel Pleistocene prediligeva ambienti più aridi rispetto a quelli, rigogliosi, presenti a Pietrafitta.

Ricchissima la collezione di artiodattili, con almeno due specie di cervi (tra cui la forma gigante Praemegaceros obscurus) e con una delle testimonianze più antiche d’Europa per il gruppo dei bisonti, rappresentati dalla specie arcaica Eobison degiulii, recentemente studiata dai paleontologi dell’Università di Perugia. Degna di nota anche la presenza di un primate, la bertuccia Macaca sylvanus, e del castoro Castor fiber, entrambi presenti con record tra i più ricchi d’Europa. Tra i carnivori di Pietrafitta compaiono un ghepardo gigante (Acinonyx pardinensis), un orso di taglia medio-piccola (Ursus etruscus), un mustelide semiacquatico (Pannonictis nesti), oltre a testimonianze di frequentazione di iena rappresentate da escrementi fossili (coproliti).

Gli uccelli, generalmente molto rari nel record fossile, sono invece molto abbondanti a Pietrafitta, con circa duecento resti scheletrici identificati. La maggior parte è riferibile a specie acquatiche o semiacquatiche simili a quelle oggi presenti nell’area mediterranea, ma con qualche notevole eccezione. Ad esempio, spiccano alcune ossa di un grosso gallo (genere Gallus), che non era mai stato rinvenuto in nessun sito europeo del Pleistocene.

I vertebrati a sangue freddo, ossia gli ectotermi di Pietrafitta, sono stati oggetto recentemente di studi approfonditi. Rispetto alle precedenti conoscenze, il numero delle specie riconosciute è aumentato, con almeno quattro pesci d’acqua dolce, due anfibi (tra cui l’importantissima segnalazione europea del genere Latonia, una rana gigante che si credeva estinta milioni di anni prima), almeno tre serpenti (tra cui la rarissima segnalazione di una vipera orientale) e alcuni fossili di testuggine palustre e di Hermann.

L’assidua attività di recupero prima di Luigi Boldrini, assistente capoturno di miniera e dipendente Enel, poi dei ricercatori dell’Università di Perugia ha consentito il recupero di questa enorme quantità di materiale che è tutt’ora in corso di studio. Le informazioni relative all’importante sito di Pietrafitta, sono pertanto destinate ad aumentare con il progredire delle ricerche.


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