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Perugia, rivendeva abiti griffati e froda al fisco per 900 mila euro

Written by on 19/10/2023

Perugia, rivendeva abiti griffati e froda al fisco per 900 mila euro

È quanto hanno accertato i funzionari del reparto antifrode dell'ufficio delle dogane di Perugia su delega della Procura della Repubblica del capoluogo

19/10/2023

Agenti della Dogana

Agenti della Dogana

Acquistava e rivendeva abbigliamento di note marche della moda in totale evasione dell’Iva e delle altre imposte gravanti sul commercio per un danno all’erario di circa 900 mila euro. È quanto hanno accertato i funzionari del reparto antifrode dell’ufficio delle dogane di Perugia su delega della Procura della Repubblica del capoluogo a seguito di un’indagine penale avviata lo scorso anno. L’accertamento tributario ha riguardato una ditta individuale intestata a un cittadino asiatico indagato per violazione degli articoli 5 e 10 del decreto legislativo 74/2000 (omessa dichiarazione Iva e occultamento scritture contabili). La società, attiva nel settore del commercio di capi e accessori di importanti griffe in realtà era priva anche di una reale struttura aziendale.

Acquistava merce originale

L’analisi dei rischi e le risultanze delle banche dati dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, incrociate con le indagini finanziarie sui conti correnti del commerciante nonché con la documentazione fiscale reperita presso i fornitori, hanno consentito di accertare che nel solo biennio 2021/2022 sono stati effettuati acquisti per quasi 2,5 milioni di euro in abbigliamento, calzature e accessori di note case della moda. In pratica l’uomo si presentava presso le maison e acquistava merce originale simulando al fornitore il possesso dello status di esportatore abituale, qualifica che, in situazione di correttezza fiscale, consente di non anticipare l’Iva.

Le risultanze

La frode veniva per di più massimizzata trattenendo anche l’imposta che sarebbe gravata sulla successiva vendita che avveniva verosimilmente tra una ristretta cerchia di amicizie e conoscenze. Il danno per il fisco ammonta come detto a circa 900 mila euro, costituito in parte dall’Iva non addebitata in fattura al momento degli acquisti, in parte dall’imposta sulla successiva rivendita al dettaglio. Le sanzioni vanno da un minimo di 1.382.950 euro a un massimo di 2.765.901. Le risultanze dell’accertamento sono state già inoltrate all’Agenzia delle Entrate per il recupero delle somme.


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