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Tiene il commercio nei centri storici di Perugia e Terni

Written by on 01/03/2022

Tiene il commercio nei centri storici di Perugia e Terni

E' quanto emerge dai dati dell’Osservatorio della demografia d’impresa di Confcommercio

01/03/2022

#ComproSottoCasa

Un negozio di abbigliamento

Tiene il commercio nei centri storici di Perugia e Terni: E’ quanto emerge dai dati dell’Osservatorio della demografia d’impresa nelle città italiane di Confcommercio.

Nel centro storico di Perugia si è passati dalle 274 imprese commerciali del 2019 alle 266 del 2021 (-2,9%). Leggero aumento fuori dal centro: 1160 attività del commercio nel 2019, 1163 nel 2021.Positivo l’andamento delle attività turistico ricettive: nel centro storico bar, ristoranti e alberghi erano 229 nel 2019, 239 nel 2021 (+4,3%). Fuori dal centro stesso trend: 575 imprese del comparto ricettività-ristorazione nel 2019, 589 nel 2021 (+2,4%).

Dinamiche analoghe anche nel comune di Terni: nel centro storico le attività commerciali sono passate dalle 334 del 2019 alle 328 del 2021. Fuori dal centro i negozi erano 817 nel 2019, 828 nel 2021. Anche a Terni il settore ricettività-ristorazione ha avuto un piccolo incremento: nel centro storico i bar, alberghi e ristoranti erano 154 nel 2019 e 156 nel 2021. Fuori del centro: 332 nel 2019 e 341 nel 2021.

“I dati -spiega il presidente di Confcommercio Umbria, Giorgio Mencaroni- arrivano dopo due anni di pandemia e un lungo periodo di stagnazione dei consumi. Quello che immediatamente possiamo osservare, è che i due capoluoghi umbri, negli ultimi due anni, hanno retto almeno apparentemente.

Dietro una sostanziale tenuta complessiva del numero delle imprese di commercio, c’è in realtà un cambiamento profondo del volto stesso delle nostre città e, soprattutto, ci sono tanti fattori che costituiscono una minaccia per la loro vitalità, come la progressiva diminuzione nei centri storici dei negozi che soddisfano esigenze di consumo tradizionali: abbigliamento, calzature, libri, giocattoli”.

Come Confcommercio sostiene da sempre, con il passare del tempo una città senza negozi tradizionali mancherà di servizi fondamentali per i residenti e risulterà meno attrattiva anche per i turisti.

La strana parallela crescita, seppure modesta, del settore alberghi e ristorazione in tempi di pandemia dovrà essere nel tempo approfondita. Uno dei problemi è che l’Istat fa confluire attività piuttosto eterogenee dentro lo stesso codice Ateco: dai ristoranti veri, i più penalizzati, alle friggitorie ai take away e così via. E c’è anche una crescente quota di bar che si è trasformata, spinta alle nuove regole anti Covid, da esercizi senza somministrazione a esercizi con somministrazione. Sul fronte ricettivo, negli ultimi due anni a crescere sono le strutture di alloggio tipo B&B o appartamenti per soggiorni brevi, mentre gli alberghi veri e propri sono fermi. Alcune strutture, inoltre, potrebbero essere attive formalmente, ma congelate di fatto nella loro operatività, visto che ristorazione e alberghi sono molto lontani dai livelli di consumi pre-covid, con percentuali comprese tra il -20% e il -35%.

“Se è ancora presto per fare un bilancio definitivo dell’impatto della pandemia sulle imprese -sottolinea il presidente Mencaroni-  l’indagine di Confcommercio registra cambiamenti profondi nella fisionomia delle nostre città e fornisce spunti di lavoro molto interessanti soprattutto in un’ottica di rigenerazione urbana: tema centrale anche in Umbria, in relazione a Pnrr e nuova Politica di coesione 2021 – 2027: strumenti che finalmente mettono sul piatto le risorse di cui si è sempre lamentata l’assenza.

A nessuno può sfuggire il ruolo dei servizi di prossimità nei centri storici e l’opportunità del metodo della progettazione integrata per intervenire efficacemente, oltre che sulle infrastrutture, sul tessuto vivo dei nostri centri storici e comunità. Confcommercio Umbria è pronta a dare il suo contributo”.


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