IN ONDA

PROSSIMO PROGRAMMA

  • 20:30

Cooperazione internazionale a tutte le latitudini: ecco Tamat

Written by on 07/09/2020

Cooperazione internazionale a tutte le latitudini: ecco Tamat

07/09/2020

PERUGIA – In un momento storico in cui il dibattito sui migranti arriva a livelli di tensione elevati, come quello degli ultimi giorni con lo scontro tra la Regione Sicilia (pronta a sgomberare tutti gli hotspot e i centri di accoglienza dell’isola), e il Governo italiano, sono sempre più importanti i progetti di integrazione delle persone che migrano nel nostro paese.

Cooperazione a Perugia In prima linea nella “cooperazione internazionale a tutte le latitudini” c’è Tamat, una Ong di Perugia con focus sull’agricoltura, nata subito dopo la guerra dei Balcani, che a dicembre spegnerà le sue prime 25 candeline. Progetti di cooperazione internazionale “a casa loro” ma anche a “casa nostra” perché “se i beneficiari li troviamo anche a casa nostra non possiamo far finta che non esistano”. Sintetizza così, Piero Sunzini, direttore generale di Tamat il lavoro della sua Ong attiva all’estero, soprattutto nell’Africa occidentale, ma anche in Italia.

I progetti Dopo anni di assistenza tecnica al mondo rurale, in America Latina come in Burkinafaso e Mali (dove sono stati sviluppati anche progetti di microcredito per la creazione di imprese in diversi settori), Tamat ha allargato il proprio campo d’azione anche all’Italia. “I beneficiari dei nostri progetti, parlando soprattutto di Africa occidentale, li abbiamo ritrovati anche a Perugia dopo gli importanti flussi migratori di questi ultimi anni”, spiega Sunzini. Da questa consapevolezza è partita una nuova fase per Tamat. “Abbiamo provato un’operazione che per noi è stata difficile e anche ambiziosa cioè quella di trasportare modelli progettuali ben sperimentati in Africa nella nostra città natale: Perugia”.

Coltiviamo l’integrazione a Montemorcino In questo contesto nasce “Coltiviamo l’integrazione”, progetto partito nell’ottobre del 2018 con finanziamenti europei, basato sull’agricoltura biologica e sostenibile realizzato grazie alla diocesi di Perugia-Città della Pieve che ha messo a disposizione i terreni del Mater Gratiae di Montemorcino. “Abbiamo sperimentato un tipo di accoglienza diverso: con giovani dell’Africa occidentale abbiamo iniziato un percorso di formazione alle tecniche agricole per coltivare ortaggi tipicamente africani”, spiega Sunzini che racconta come, “proponendo una strada di inserimento in Italia via agricoltura, inizialmente non abbiamo attirato molto l’attenzione di questi ragazzi, la maggior parte provenienti da famiglie agricole e quindi consapevoli delle difficoltà di questo settore. Poi però – continua – puntando sulla coltivazione di ortaggi tipicamente africani si è sviluppata una interconnessione interessante tra i nostri tecnici agronomi e i rifugiati o richiedenti asilo, coinvolti nel progetto”. Una ventina di immigrati, donne (per lo più della Nigeria) e uomini (da Sierra Leone, Mali e Senegal) che, oltre alla formazione professionale, hanno partecipato a corsi di lingua italiana. È stata però, l’agricoltura la vera forma di comunicazione. “Molti di loro avevano grandi difficoltà con la nostra lingua – racconta il direttore – ma hanno individuato nel gombo la chiave per creare connessioni con noi italiani”. Un ortaggio, gombo per i paesi francofoni e okra per quelli anglofoni, coltivato dappertutto in Africa occidentale ed usato per insaporire le zuppe tradizionali; un ibiscus coltivabile, con qualche accorgimento, anche alle nostre latitudini. Ed è qui che è nata la liaison con gli agronomi italiani: “I nostri tecnici davano indicazioni sull’irrigazione e sulla concimazione – racconta Sunzini -, ma poi erano i giovani africani a guidare la coltivazione e la raccolta di questo ortaggio che conoscono molto bene. Così, due anni fa, parte la prima campagna che ha portato buoni risultati non solo dal punto di vista agronomico, ma anche di integrazione”.

Dibattito sulla migrazione Un progetto di successo, dunque, basato su un’accoglienza operativa che “riduce le frizioni legate al tema della migrazione e che minimizza la propaganda di chi vuol fare le sue fortune politiche su un tema epocale come questo”, spiega Sunzini ricordando che il fenomeno migratorio “è sempre esistito. Gli spostamenti da una parte all’altra sono dovuti alla necessità di migliorare il proprio status. L’Africa è il contenente della migrazione per eccellenza ma va sottolineato che più dell’80% dei migranti africani si spostano all’interno del continente. Il Burkina Faso, per esempio, ha 4 milioni e mezzo di migranti in Costa d’Avorio, dove ci sono coltivazioni di cacao e caffè che attirano manodopera. La Costa d’Avorio, che non è l’Italia in termini di ricchezza – spiega il direttore di Tamat -, li accoglie, e non assistiamo a forme estreme di slogan come ‘prima gli ivoriani’ perché questi migranti sono importanti per l’economia del paese”. Per Sunzini lo stesso principio vale per il nostro paese ed in particolare per la nostra regione. “Nella stragrande maggioranza dei casi, i migranti che arrivano potrebbero avere una collocazione se l’accoglienza fosse finalizzata all’inserimento anche lavorativo. Gli spazi ci sono, vanno gestiti con criterio”. Da qui il nuovo slogan di Tamat: “Aiutiamoli a casa loro – come facciamo da 25 anni -, ma aiutiamoli anche a casa nostra, per una cooperazione a tutte le latitudini”.

La nuova rivista Per raccontare


Umbria Radio in Streaming

Streaming

Current track

Title

Artist