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Umbertide, il piccolo Michele pronuncia parole toccanti

Written by on 01/03/2018

Umbertide, il piccolo Michele pronuncia parole toccanti

01/03/2018

Il piccolo Michele Fezzuoglio con la sua famiglia

PERUGIA – “Buonasera prof, mi chiamo Michele, non le nascondo che sono un po’ arrabbiato con lei. Oggi le faccio conoscere qualcosa di me e del posto dove vivo. Mi stringa forte la mano

Inizia così la toccante lettera che Michele Fezzuoglio, figlio del carabiniere Donato ucciso durante una rapina ad Umbertide 12 anni fa, ha “scritto” a Lavinia Flavia Cassaro, la professoressa che due sere fa a Torino augurava la morte ai poliziotti durante la manifestazione contro Casa Pound. La lettera in cui il figlio di Fezzuoglio, decorato con la Medaglia d’Oro al Valor Militare, racconta i suoi sentimenti, è stata diffusa da Rocco Galasso, presidente della Federazione provinciale di Potenza del Nastro Azzurro.

Toccante Venga a casa mia, ci abito con la mamma. […] Senta anche che silenzio, se ci fosse stato papà sarebbe stata una casa rumorosa, avrei avuto un fratello o una sorella o entrambi.” Conduce per mano, Michele, la professoressa e tutti noi lettori dentro la sua vita ferita, cambiata per sempre dal gesto di un criminale, quando aveva solo 6 mesi. Racconta di sé, di un bambino cresciuto presto e nel dolore, che gira l’Italia per parlare del papà eroe, un papà che ora abita in una nuova ‘casa’. “Prof, ora le chiedo di poggiare la sua mano su questa tomba, pensi il freddo delle mie labbra quando bacio papà.” E colpisce al cuore, perché fa sentire dal di dentro, dall’insieme di relazioni ferite per sempre, cosa significa davvero una morte tragica per una famiglia.

Sospesa Da qualche ora la professoressa è stata sospesa dal suo incarico di docente in un istituto comprensivo situato nella periferia nord di Torino. Ma il provvedimento non cancella le sue parole, ribadite con forza anche ai microfoni della trasmissione Matrix su Canale5. Parole cui in realtà siamo tutti fin troppo abituati dai tanti discorsi d’odio che popolano questa campagna elettorale, che corrono sui social e negli smartphone. Ma Michele ci ricorda che queste sono “parole che uccidono quanto quel proiettile di kalashnikov sparato alle spalle di quel carabiniere che per me voleva un mondo a colori“.


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