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Omicidio Pamela Mastropietro, al via a Perugia il processo bis

Written by on 25/01/2023

Omicidio Pamela Mastropietro, al via a Perugia il processo bis

Udienza rinviata al 22 febbraio. In piazza Matteotti gli amici della 18enne chiedono giustizia

25/01/2023

La protesta degli amici di Pamela Mastropietro a Perugia

La protesta degli amici di Pamela Mastropietro a Perugia

Mercoledì mattina al Tribunale di Perugia, la prima udienza dell’appello bis per violenza sessuale a carico del 32enne nigeriano, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Pamela Mastropietro, uccisa cinque anni fa a Macerata. In piazza Matteotti, fuori dal palazzo di giustizia, alcuni amici di Pamela hanno esposto striscioni per chiedere “giustizia”. È entrata in aula indossando una maglietta sulla quale compaiono le immagini di parte del cadavere della  figlia, Alessandra, la madre di Pamela Mastropietro  uccisa  nel gennaio 2018 – mercoledì nel capoluogo umbro per seguire l’appello bis a Innocent Oseghale, anche lui in aula. “Avete visto come me l’hanno ridotta” ha detto ai giornalisti mostrando la foto. I giudici hanno deciso di rinviare l’udienza al prossimo 22 febbraio. Sfiorato lo scontro nell’aula della Corte d’assise d’appello di Perugia tra la madre di Pamela e il 32enne nigeriano. Lo straniero, detenuto, ha rivolto alcune parole verso Alessandra Verni (che indossa una maglietta con immagini di parte del cadavere della figlia) mentre veniva portato via dalla polizia penitenziaria al termine dell’udienza, dicendo tra l’altro “basta oppressione giudiziaria”. La madre di Pamela a quel punto ha reagito cercando di scagliarsi verso di lui: “dimmi… dimmi che vuoi” le sue parole. Si sono però interposti sia la polizia penitenziaria sia i carabinieri in aula e i due sono stati subito allontanati. Il momento di tensione c’è stato dopo che il presidente della Corte ha chiesto all’imputato se avesse intenzione di partecipare alla prossima udienza del 22 febbraio. L’uomo, dopo essersi confrontato con il suo legale, ha detto di no. La donna a quel punto ha commentato a voce alta il passaggio. “Adesso si viene a chiedere anche a un carnefice se vuole partecipare all’udienza oppure no. Mettiamogli pure un tappeto rosso a questo punto” ha detto al termine.

La vicenda

Pamela, 18enne romana, era ospite in una comunità di recupero nel territorio maceratese, quando il 29 gennaio del 2018 decise di allontanarsi dalla struttura uscendo a piedi. Da lì, le ipotesi confermate dagli inquirenti, raccontano di un misterioso passaggio in macchina  verso la stazione ferroviaria dove la giovane voleva prendere un treno per tornare a casa, ma lo perse ed accettò l’offerta di un passaggio da un tassista del luogo, che l’ospitò per la notte a casa sua. Secondo le indagini, il giorno dopo Pamela avrebbe cercato di procurarsi della droga a Macerata, dove incontrò Innocent Oseghale, un pusher nigeriano. Tra il 30 e il 31 gennaio, un passante notò la presenza di due valigie abbandonate in un piccolo fossato non lontano dal cancello di una villetta a pochi chilometri da Macerata. All’interno fu trovato il corpo della ragazza mutilato. I carabinieri ritrovarono dei vestiti di Pamela macchiati di sangue nella casa di Oseghale. L’omicidio causò sentimenti razzisti e xenofobi a Macerata e venne considerato la principale motivazione dell’attentato commesso cinque giorni dopo nella stessa città da Luca Traini, il quale esplose diversi colpi di pistola contro persone immigrate dalla sua auto in movimento. Per la testimonianza di Oseghale, Pamela sarebbe morta di overdose dopo aver assunto una dose di eroina nella sua casa, mentre secondo quella dell’accusa, dopo averle venduto la dose, lo spacciatore l’avrebbe trattenuta a casa sua con la forza, stuprata, accoltellata e smembrata. Secondo l’autopsia, il processo di smembramento del corpo sarebbe iniziato mentre Pamela era ancora in vita, con un lavaggio effettuato in candeggina per eliminare i residui organici. Il Dna di Oseghale sarebbe quindi rimasto nonostante il lavaggio con il prodotto chimico sulle mani e sotto le unghie di Pamela.

Processo bis

Il processo a Oseghale, con rito ordinario, iniziò nel febbraio 2019. Le accuse contestate furono omicidio e violenza sessuale contro una vittima in condizioni di inferiorità, occultamento e distruzione del cadavere. Il processo si concluse con la condanna dell’imputato all’ergastolo e a diciotto mesi di isolamento. La condanna è stata confermata dalla corte d’assise d’appello del tribunale di Ancona il 16 ottobre 2020. A febbraio 2022, però, la prima sezione penale della Cassazione ha parzialmente accolto il ricorso presentato dalla difesa: per il 33enne è stata riconosciuta l’accusa di omicidio, diversa invece la situazione per l’accusa di violenza sessuale, sulla quale invece fu deciso per un appello bis. Gli avvocati difensori di Oseghale si sono dichiarati soddisfatti per la decisione e per il conseguente nuovo appello.

 


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