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“Sulla pelle di tutti”, non solo su quella di Cucchi (VIDEO-FOTO)

Written by on 30/11/2018

“Sulla pelle di tutti”, non solo su quella di Cucchi (VIDEO-FOTO)

30/11/2018

PERUGIA – Sono tanti, tutti giovani, studenti di Giurisprudenza e non. L’aula 3 del dipartimento, la più grande, non basta ad accoglierli tutti. Qualcuno sta seduto per terra, altri restano fuori cercando di perdersi il meno possibile di ciò che viene detto. “La verità giudiziaria arriverà, vedremo se corrisponderà a quella storica”. Inizia con le parole del  professor Stefano Anastasia, Garante dei detenuti di Umbria e Lazio, l’incontro “Sulla pelle di tutti”, organizzato dall’Udu-Sinistra Universitaria. Il nome dell’evento ‘generalizza’ il titolo del film di Alessio Cremonini “Sulla mia pelle”, quello che ha raccontato gli ultimi giorni di vita di Stefano Cucchi, morto il 22 ottobre 2009, a 31 anni, sei giorni dopo essere stato arrestato per detenzione di stupefacenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’appello dell’avvocato Anselmo agli studenti  “Una volta finita l’università vi verrà detto di abbandonare quei principi che avete studiato sui libri perché il mondo reale funziona diversamente. Non fatelo”, si rivolge così ai giovani studenti l’avvocato Fabio Anselmo, che ha seguito il caso Cucchi fin dal principio. “Il processo penale in Italia in teoria è bellissimo, ma in realtà ha due velocità e non è uguale per tutti – spiega l’avvocato -contano il potere e la capacità economica. Chi ne dispone, riesce a esercitare tutti i propri diritti di garanzia. Così il processo può diventare iper-garantista. Se invece l’imputato è una persona qualsiasi, o peggio, un ultimo come Stefano, allora il processo diventa un’altra cosa, è ipo-garantista”. Anselmo cita molti casi in cui la forza dello Stato su chi in quel momento era sotto la sua custodia o responsabilità – anche soggetti in particolari condizioni di vulnerabilità come può essere un disturbo psichiatrico- è stata eccessiva, spiegando che si tratta di un problema culturale. E torna ad appellarsi ai giovani: “Non vi abbandonate al cinismo e alla rassegnazione. Chiedetevi se quello con cui ha avuto a che fare Stefano è il modello di sicurezza che vorremmo vedere applicare ai nostri figli”. E conclude: “Credo che abbiamo bisogno delle vostre menti, facce, coscienze e cuori puliti. Bisogna tornare a considerare l’umanità di una persona un qualcosa di non sacrificabile. In nessun caso”. 

“Stefano è morto di indifferenza” “Non avrei mai potuto immaginare quello che sta succedendo in questi mesi, soprattutto dopo l’uscita di “Sulla mia pelle”. Ora moltissime persone si riuniscono, anche in occasione della proiezione del film, per parlare della storia di Stefano”. Ilaria Cucchi non nasconde di apprezzare che oggi quell’aula sia veramente piena. “Mio fratello non contava nulla per qualcuno, era un ultimo e come tale è morto. Nessuno di quelli che hanno avuto a che fare con lui è riuscito a vedere in lui un essere umano”. “Quello che farò più fatica a perdonare è che mio fratello è dovuto morire da solo, pensando che la famiglia lo aveva abbandonato” confessa, e sottolinea che, indipendentemente dalla verità processuale, considera “moralmente responsabili della morte di Stefano tutti i quelli che si sono voltato dall’altra parte, che non hanno fatto nulla. Perché Stefano è morto di indifferenza”. Ilaria Cucchi racconta le difficoltà e i tanti momenti di sconforto che ci sono stati dal 2009 a oggi, ma precisa: “Non ho mai pensato di arrendermi, di non andare fino in fondo. Perché la verità è ancora più importante della giustizia”. E forse, oggi, quella verità è davvero vicina. Lo scorso ottobre, infatti, il processo ha avuto un’importante svolta, dopo che nel corso dell’udienza, il pm Giovanni Musarò ha rivelato che, il 20 giugno 2018, l’agente Francesco Tedesco aveva presentato denuncia in Procura sul pestaggio di Cucchi: nel corso dei tre interrogatori, il carabiniere ha accusato i suoi colleghi.

 

In Umbria carceri piene oltre la propria capacità “Migliaia di detenuti muoiono ogni anno tra le mura dei nostri sistemi penitenziari, per motivi di salute, talvolta per una loro scelta” ha detto il professor Anastasia, che ha anche voluto sottolineare l’importanza di garantire a coloro i quali si trovano sotto la diretta responsabilità dello Stato un esercizio del potere all’insegna della cura e della moderazione. Abbiamo chiesto al professore, che è anche il Garante dei detenuti dell’Umbria, di fare un punto sulla situazione della popolazione carceraria regionale.

 

 


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