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Da Perugia al Burkina Faso, i progetti di Tamat Ong

Written by on 14/04/2022

Da Perugia al Burkina Faso, i progetti di Tamat Ong

Boom demografico e desertificazione: come la ong perugina aiuta la popolazione burkinabè

14/04/2022

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Il progetto di allevamento di conigli di Tamat Ong

La ‘cooperazione a tutte le latitudini’ di Tamat, organizzazione non governativa da quasi 30 anni operativa a Perugia, si spinge fino al Burkina Faso. La Ong, specializzata nel settore dell’agro-ecologia e dell’allevamento, è infatti presente da diversi anni nel paese dell’Africa occidentale.

Il Burkina Faso

Nel Burkina Faso la popolazione è raddoppiata nell’arco di 25 anni, se nel 1995 si registravano poco più di 10 milioni di abitanti, nel 2021 sono arrivati a 21 milioni.  Una crescita demografica ‘esplosiva’ alle prese con la desertificazione e crescenti problemi di auto-sufficienza alimentare. A questa situazione si aggiunge la massa crescente di profughi che scappano dalle province settentrionali, afflitte dalle scorribande dei vari ‘eserciti’ ispirati dal fondamentalismo islamista. In questo contesto operano diverse organizzazioni della società civile, impegnate in progetti di cooperazione internazionale che si muovono per uno sviluppo sostenibile. Tra queste c’è appunto anche Tamat, specializzata nel settore dell’agro-ecologia e dell’allevamento, con metodi calibrati sul principio della gestione familiare integrata, quindi, orti di comunità e strutture per gli animali proporzionate alle esigenze dei villaggi. La necessità di garantire alle popolazioni rurali la disponibilità di proteine di alto valore nutritivo, ha portato alla creazione di piccole strutture per l’allevamento dei conigli, una pratica fino a poco tempo fa sconosciuta che potrebbe man mano portare alla sinergia con le carni di pollo, tuttora l’animale più allevato e diffuso in tutto il Sahel.

Il ruolo delle donne nella società burkinabè

“La situazione in Burkina Faso è particolarmente delicata in questo periodo – spiega Fabiola Bedini responsabile Pese di Tamat per il Burkina Faso nel corso della trasmissione Mondo Migliore di Umbria Radio – per questo Tamat ha cercato di andare ad integrare le attività che da sempre svolge in questi paesi sulla sicurezza alimentare, nutrizionale, sviluppo rurale sostenibile, sull’emancipazione femminile e creazione di micro imprese, con un supporto anche all’emergenza umanitaria soprattutto nelle regioni maggiormente colpite da attacchi terroristici”. Si tratta di azioni in favore degli sfollati con fornitura di beni di prima necessità ma anche mezzi per avviare le attività agro ecologiche che possano aiutare sia per il consumo familiare nell’immediato bisogno, ma anche per fornire minime opportunità di reddito nel medio-lungo periodo. Al momento sono tre i progetti attivati da Tamat in Burkina Faso, uno sullo sviluppo della filiera cunicola e della agro-ecologia familiare, un alto sulla filiera vicola e della agro-ecologia collettiva e un altro sull’emergenza che vede l’utilizzo di attività di agro ecologia per sostenere le popolazioni colpite dalle crisi umanitarie. Fondamentale in questi progetti anche il ruolo della donna che, nella società burkinabè, spiega Bedini “ha sempre avuto un ruolo un po’ particolare rispetto agli altri paesi africani. La donna è centrale nella gestione delle attività agricole e di allevamento nei villaggi, ma ha ancora un ruolo molto marginale da un punto di vista sociale, economico e politico”. Ancora è molto diffusa la pratica di matrimoni combinati e delle mutilazioni genitali. “Ancora le donne non possono gestire delle attività senza l’autorizzazione dei mariti o dei capi villaggi”. Anche in questo senso Tamat ha lavorato molto per cercare di rendere le donne protagoniste delle attività coinvolgendo e sensibilizzando gli uomini sul tema.

Il progetto di allevamento di conigli

Uno dei progetti di Tamat è appunto quello relativo alla filiera cunicola. L’allevamento di conigli, animali poco conosciuti nel Burkina Faso, diventa un modo per implementare la dieta proteica della popolazione burkinabè. Il progetto, seguito da Samira Giovannini, è partito con il  trasferimento delle tecniche di allevamento dei conigli adottate in Italiana, ridimensionate al contesto rurale del villaggio in cui ha sede il progetto. “Abbiamo fatto formazione alle famiglie, molte delle quali non avevano mai visto o toccato un coniglio – racconta Giovannini -. Abbiamo consegnato loro delle gabbie per ospitare un piccolo nucleo di riproduttori per avviare quella che è un’attività allevatoriale familiare”. Il progetto è cresciuto e nel villaggio sono 41 le unità allevatoriali attivate presso le famiglie.


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