di Pierpaolo Burattini

Destino beffardo per Catiuscia Marini: inizia e finisce con lo stesso uomo. Ovvero, l’attuale segretario nazionale del Pd Nicola Zingaretti che più di vent’anni fa era segretario della Fgci quando la ormai ex presidente della Regione era nella nella sua segreteria come semplice dirigente. Amicizia tra i due cementata negli anni. Ed è stato proprio Zingaretti, da fresco segretario nazionale, a vedere la parabola discendente di Marini. Strani incroci del destino. Come altro incrocio del destino è quello che accumuna le due presidenti donna della sinistra alla guida della Regione: Catiuscia Marini e Rita Lorenzetti. Entrambe sono finite nel ginepraio melmoso della sanità: diverse, molto amiche, poi in freddo e poi ancora riunite dal destino. Ma con l’uscita da palazzo Donini di Marini termina anche la parabola dei quarantenni che in qualche modo hanno preso le redini politico-amministrative della nostra regione negli ultimi dieci anni. Con Marini cala il sipario su una classe dirigente. Dal punto di vista personale, la sua uscita di scena, leggendo bene la lettera di dimissioni è il testamento di una militante cresciuta nel mito berlingueraino della diversità morale: oggi messa in discussione da una inchiesta che la chiama in causa riguardo a un sistema di spartizione di posti che poco ha che fare con la morale. Le ultime ore, per chi le è stato vicino, vengono raccontate come molto tormentate dal punto di vista personale. E alla fine a tutto ciò si è unita la pressione mediatica e politica. Con molta probabilità l’uscita di Marini fa calare il sipario inevitabilmente su una stagione politica durata sessant’anni ed iniziata con il presidente della Regione proveniente da Spoleto, Pietro Conti. Oggi per il Pd e per il centrosinistra in Umbria si tratta solo di ricostruire. Compito questo che possono avere solo altre persone, con altre facce e altre storie. Intanto sul campo restano solo macerie e feriti.