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Il cardinale Bassetti in vista della Festa del Santo Patrono d’Italia

Written by on 30/09/2020

Il cardinale Bassetti in vista della Festa del Santo Patrono d’Italia

30/09/2020

Il card. Gualtiero Bassetti all'Assemblea delle Chiese umbre nel 2019

PERUGIA- “Quando Dino Campana, il poeta folle e visionario di Marradi, narra il suo pellegrinaggio a La Verna, descrive san Francesco come l’ombra di Cristo che ha compiuto una rinuncia al tempo stesso semplice e dolce, e ha intonato un canto alla natura con fede. Un santo italiano che, in quel sacro monte solitario e salvatico, come lo definì il conte Ottavio, ricevette le stimmate e mise in atto la regola che aveva dettato ai suoi fratelli: vivere nell’obbedienza al Signore senza tenere niente per sé stessi”.

Lo scrive il cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, nel suo ultimo articolo pubblicato dal settimanale cattolico umbro La Voce, in edicola venerdì 2 ottobre e consultabile sul sito: www.lavoce.it .

Mai come oggi -prosegue il cardinale Bassetti- con l’avvicinarsi della memoria liturgica del Poverello il 4 ottobre e con la visita del Papa alla tomba del Santo il giorno precedente, questi fatti e queste parole sono straordinariamente controcorrente e attuali. Non c’è nulla di più attuale, infatti, della vita e del messaggio di Francesco. Alcuni anni fa, nel corso di una catechesi, Benedetto XVI lo definì un autentico gigante della santità, che con la sua gioia continua ad affascinare moltissime persone di ogni età e di ogni credo religioso. Tra la gioia e la santità c’è infatti un rapporto indissolubile, e il Giullare di Dio, con la sua vita, ne è stato un esempio insuperabile. 

Fu proprio Pio XII (che nel 1939 lo proclamò, insieme a Santa Caterina, patrono d’Italia) a utilizzare queste parole, sottolineando gli “insuperabili esempi di vita evangelica” che il Poverello diede ai cittadini di quella sua tanto turbolenta età. Colpisce che, oggi come ieri, si parla di una età turbolenta. D’altra parte, un altro intellettuale toscano e biografo di Francesco, Giulio Salvadori, invita proprio a vivere l’ora presente perché svegliati dagli urti della realtà ci muoviamo, come credenti, non per ambizione di novità o per riformare il mondo, ma per riformare noi stessi. 

Ecco allora che in questa prospettiva evangelica -evidenzia il presidente della Cei- in un periodo in cui la Chiesa viene raccontata e interpretata soltanto attraverso le categorie della crisi e dello scandalo, l’attualità di san Francesco rappresenta un esempio di vita concreta. Due parole tra quelle di Campana citate all’inizio (e tra le tantissime che si potrebbero evidenziare) meritano di essere meditate a lungo: la rinuncia e la fede. La rinuncia semplice e dolce di Francesco rappresenta, in realtà, per l’uomo di ogni tempo qualcosa di sconvolgente e scandaloso. Rinunciare a tutto, abbandonare i beni terreni, dimenticarsi della carriera e dei successi mondani per intraprendere una vita nuova, come scrisse Giuliano Agresti, e trovarsi poi alla fine della vita nudo sulla nuda terra, rappresenta ancora oggi qualcosa di indicibile. Quanti uomini e donne, oggi, sono disposti a scegliere questa vita decidendo di abbandonare ogni sicurezza per sposare Sorella Povertà? E poi la fede che è, sostanzialmente, la risposta attuale alle domande di ogni tempo

La fede che in Francesco si fa anche magnifica obbedienza, e che segna un crocevia fondamentale tra l’eresia e la salvezza della Chiesa. Uno degli snodi decisivi della vita del Poverello di Assisi, ancora oggi estremamente attuale, è il rapporto che si viene a configurare con papa Innocenzo III, a cui Francesco chiede il permesso di vivere il Vangelo. Francesco non esige, né sale in cattedra, ma chiede con umiltà. È la cosiddetta grazia delle origini francescane. Quella di Francesco è la fede semplice di un cristiano che salva la Chiesa e la riforma interiormente. Egli conosce benissimo i peccati degli uomini di Chiesa, ma ama profondamente la Sposa di Cristo, fino a donare tutto sé stesso. Nei suoi gesti e nelle sue parole non c’è superbia e arroganza, non ci sono inganni o secondi fini, non c’è desiderio di potere o ideologia, ma c’è solo carità e amore. Anche da questa purezza del cuore, oggi come ieri, si riconosce l’opera di Dio nelle azioni degli uomini.

Dopo la visita di Papa Bergoglio ad Assisi il 3 ottobre, andremo incontro -scrive ancora il preseule- a un lungo periodo, tra il 2021 e il 2026, di commemorazioni francescane: 800 anni dall’approvazione della Regola non bollata, dalla stesura del Cantico delle creature, dalle stimmate e della morte di Francesco. Un periodo di riflessioni, celebrazioni e di convegni. Ma soprattutto, un periodo di preghiera per la Chiesa, l’Italia e il mondo intero.

Giorgio La Pira, un terziario francescano, diceva che bisognava fare della fede la vita. L’uomo moderno -conclude il cardinale Bassetti- è invece un idolatra di sé stesso, affamato di potere e denaro. Una fame che può essere saziata soltanto con l’unico pane della vita: la Parola di Dio. Per questo motivo, occorre andare


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