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Crocifisso in aula, arriva la sentenza della Cassazione

Written by on 11/09/2021

Crocifisso in aula, arriva la sentenza della Cassazione

La pronuncia dei giudici per un ricorso di un professore di Terni nel 2008

11/09/2021

Crocifisso in un'aula

Crocifisso si, crocifisso no: si è conclusa con una sentenza della Cassazione la vicenda relativa al professore di Terni Franco Coppoli che nel 2008 venne sospeso dall’insegnamento per un mese per aver rimosso il crocifisso da un aula dell’istituto dove insegnava.

La sentenza della Cassazione

Una sentenza, quella della Cassazione, che però lascia spazio all‘interpretazione: “L’aula può accogliere la presenza del crocifisso quando la comunità scolastica interessata – spiega la Cassazione – valuti e decida in autonomia di esporlo, eventualmente accompagnandolo con i simboli di altre confessioni presenti nella classe e in ogni caso ricercando un ragionevole accomodamento tra eventuali posizioni difformi”. Un ragionevole accomodamento, insomma, visto che secondo i giudici non si può “né togliere il crocifisso per venire incontro alle singole sensibilità, né imporlo a chi non lo gradisce”.

La soddisfazione del professor Coppoli

“In un Paese in cui i privilegi della Chiesa sono sedimentati, sono assolutamente soddisfatto che dopo 13 anni sia stata riconosciuto che  nessun dirigente della pubblica amministrazione può imporre in maniera autoritativa l’affissione di un simbolo religioso, in quanto collide con il principio di laicità dello Stato. Peccato che i giudici non abbiano ancora mostrato coraggio sotto il profilo della questione discriminatoria verso le altre religioni”. Commenta così Franco Coppoli, il docente di lettere di Terni sospeso nel 2008, la sentenza della Cassazione che lo stesso insegnante, al quale è stata annullata la sospensione, definisce “bella”. “Le mie ragioni vengono affermate – spiega – in quanto finalmente viene detto che imporre il crocefisso in un ufficio pubblico è in contrasto con la Costituzione. Per quanto fosse facile dedurlo non era altrettanto facile ottenerlo”. Tra l’altro, ricorda, “nessuna tradizione storica prevede la presenza del crocefisso nelle aule e nei tribunali”. Per Coppoli – che ora insegna in un altro istituto superiore della città – il fatto però che secondo la Cassazione sia possibile, in caso di richiesta, affiggere anche altri simboli religiosi, “se da una parte è interessante perché ribadisce che la scuola è una comunità e dunque riconosce la centralità di tutte le componenti, dall’altro può generare il rischio concreto che ancora una volta siano le maggioranze ad imporre i loro simboli nelle aule”. “Noi, come insegnanti – conclude il docente -, vigileremo su questo aspetto. Si tratta di una battaglia civile, per evitare discriminazioni delle minoranze rispetto a presunte maggioranze”.

 Il preside: “Crocifisso voluto dall’intera scuola”

Pronta la risposta dell’allora preside dell’istituto di Terni in cui avvenne l’episodio, Giuseppe Metastasio il dirigente scolastico, ora in pensione. “Ho letto attentamente la sentenza e condivido quanto affermato dai giudici, cioè che esporre il crocifisso nelle scuole non è un atto discriminatorio, basta che a volerlo sia la ‘ comunità scolastica’ . L’istituto da me diretto allora si è comportato esattamente allo stesso modo, ha rispettato la volontà di tutta la comunità”. “Premetto che io non sono credente” spiega Metastasio. “Il crocifisso – aggiunge – non l’ho voluto io, ma l’intera classe all’unanimità, in cui tra l’altro c’erano anche musulmani e ortodossi. Sono stati poi coinvolti tutti gli organi collegiali, compresa l’assemblea d’istituto degli studenti, che ha preso una posizione chiara sulla questione”. Dunque “tutta la comunità scolastica partecipò e io – prosegue – intervenni a tutela dell’agire corale della scuola, della volontà, della sensibilità e dell’autonomia degli studenti”. Sempre a detta di Metastasio fu semmai “il docente, di fatto, ad imporre le proprie opinioni, incurante di quello spirito pluralista e ‘ laico’ di cui si professa sostenitore”. Come già affermato in una circolare firmata all’epoca dei fatti, secondo l’ex dirigente scolastico la scelta degli studenti fu “coerente con la cultura italiana, che ha nel pensiero cristiano una componente fondamentale”. “Un’affermazione – commenta – che va pienamente nella direzione indicata dalla Corte”. Il rammarico per il professor Metastasio è che “questa sentenza arrivi ben 13 anni dopo i fatti”. “Quella comunità che partecipò con grande animo alla vicenda – conclude – oggi non c’è più: gli studenti sono diventati donne e uomini di 30 anni, i docenti sono tutti in pensione e l’istituto stesso si è trasformato, dopo la fusione con altra scuola”.


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